Per amor di verità e trasparenza – umana, etica e professionale – ci sentiamo in dovere di replicare, in qualità di Ordine Professionale rappresentativo di tutta la categoria, al comunicato diffuso dall’associazione “Malatesta”, in merito alla presunta “censura” subita nel corso di un’intervista rilasciata ai colleghi di una trasmissione di una emittente nazionale.
Dobbiamo farlo in difesa dei principi che regolano la nostra professione, ma pure di quei colleghi che con dedizione, passione e impegno estremi, ogni giorno contribuiscono con la loro opera, alla crescita culturale del Paese e alla costruzione del dialogo sociale.
Andiamo dritti al sodo e partiamo da un presupposto chiaro, che troppe volte sfugge a molti “non addetti ai lavori”, con la smania di fare i comunicatori. Chi ha studiato, conosciuto, approfondito e conseguito le necessarie esperienze (intellettuali e professionali) per fare questa professione, sa bene che la deontologia è un aspetto essenziale; e bisogna quindi separare non solo i fatti dalle opinioni, ma altresìtutelare ogni pretesto e ogni possibile particolare anche solo potenzialmente contrari al principio di imparzialità. Ma su questo l’Ordine non entra nel merito.
Inoltre scorriamo, dall’intervento dell’associazione: “Se questo è il giornalismo locale, voi non servite più a nulla visto che ognuno può scrivere sui social”. Ebbene, leggiamo e un po’ sorridiamo. Perché siamo abituati a farlo e ad amarlo questo mestiere; senza improvvisare. Ma soprattutto perché – al contrario di chi zappa sulle tastiere per trasformare la politica in accozzaglia di slogan e il dialogo in arringa tra facinorosi, – noi abbiamo i titoli per svolgere la professione che facciamo. Noi. Noi e non altri. Punto.
E, per sfortuna altrui, abbiamo imparato sia che la memoria è un totem importante, sia che è vietato dimenticare in fretta, altrimenti il rischio di incoerenza resta sempre dietro l’angolo. Dobbiamo forse ricordare noi a chi oggi recrimina, contro la stampa nostrana e per lo più privata, tutto lo spazio destinato nelle testate locali (cartacei e digitali) per le iniziative promosse dalla “Malatesta”? Evidentemente no.
La stampa e il giornalismo sono un baluardo e noi ci onoriamo di rappresentarlo, assieme ai nostri colleghi. Sempre, costantemente a servizio di tutti: della verità, della comunità e dei fatti.
La stampa, il giornalismo e i giornalisti esprimono l’insostituibile sacralità di un ruolo. Perché se è come dite, ci chiediamo, perché inviarci comunicati e inviti a conferenze: non sarebbero bastati e non basterebbero forse i social?
No. Non bastano e non basteranno i social. Perché i social sono per tutti. Il giornalismo no.
Per questo motivo l’Odg Molise ritiene una clamorosa caduta di stile nociva per la categoria e l’immagine stessa dell’Ordine professionale, la parte finale della nota diramata, contenuto dal quale si discosta e respinge con la massima determinazione. Si ricorda che non si può solo lamentarsi e chiedere aiuto alla stampa all’occorrenza, occorrerebbe che ognuno si domandasse: cosa ho fatto e cosa posso fare io per migliorare la situazione?