L’articolo pubblicato il 16 febbraio 2011 su Prima Pagina Molise, considerato diffamatorio da Vinicio D’Ambrosio e per questo costato un iter processuale che ha avuto inizio nel 2012 con una denuncia al direttore della testata giornalistica online, Dell’Omo Nicola, in seguito alla quale la Procura della Repubblica di Campobasso lo rinviava a giudizio. In prima battuta, il Tribunale di Campobasso, nella persona dell’allora Giudice onorario Vigliotti, ritenendo realizzata la fattispecie di cui allart. 595, co. 1, 2 e 3, c.p., condannava Dell’Omo alla prevista sanzione penale ed al pagamento, in favore del querelante D’Ambrosio, di una provvisionale. A ciò è seguita l’impugnazione dell’emesso provvedimento dinanzi alla Corte di Appello di Campobasso, all’esito del cui giudizio, con sentenza del dicembre 2016, veniva revocata la sentenza di primo grado, con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e di conseguenza assolto Dell’Omo. Da qui la necessità da parte del D’Ambrosio di restituire la provvisionale ricevuta, cosa non fatta nonostante le sollecitazioni. L’avv. Barisciano, legale del Dell’Omo, si vedeva quindi costretto ad intentare azione giudiziaria contro il sig. D’Ambrosio, azione contrastata dal D’Ambrosio, ma conclusasi con sentenza del Giudice di Pace favorevole al Dell’Omo ed all’esito della quale, il D’Ambrosio, si vedeva costretto alla restituzione di quanto percepito oltre alle spese e competenze. Non contento il D’Ambrosio promuoveva ricorso in Cassazione, insistendo sul carattere diffamatorio dell’articolo, ritenendolo oltre i confini del diritto di critica e di cronaca e chiedendo che fossero gli ermellini a pronunciarsi sul punto. La Corte di Cassazione, con sentenza del 22 marzo 2018, senza entrare nel merito del carattere diffamatorio dell’articolo, enunciava solo il principio di diritto sulla possibilità di applicare l’art. 57 c.p. anche ai direttori di giornali telematici, e reputando semplicemente generica la motivazione sul punto resa dalla Corte d’Appello di Campobasso, stante, oramai, l’avvenuta ed incensurabile assoluzione del Dell’Omo, sotto il profilo penale, rimetteva, eventualmente alla Corte di Appello di Campobasso civile, per ogni valutazione in merito. Il D’Ambrosio, convinto delle sue ragioni ed intenzionato ad ottenere un risarcimento, anche a titolo di spese processuali, di quasi € 50.000,00, riassumeva il giudizio dinanzi alla Corte di Appello civile di Campobasso. Si difendeva il Dell’Omo, sempre patrocinato dall’avv. Michele Barisciano, sostenendo in primis l’assenza del carattere diffamatorio dell’articolo e, quindi, la totale assenza di danni patiti. Ebbene, nonostante le esosissime pretese risarcitorie, la Corte di Appello di Campobasso accoglieva in toto le difese dell’avv. Michele Barisciano, apprezzando la scrupolosa attività difensiva posta in essere, all’esito della quale emergeva la veridicità delle critiche mosse al D’Ambrosio nell’articolo in contestazione. Così si pronunciava la Corte d’Appello di Campobasso (in alcuni tratti salienti della sentenza): In realtà , l’articolo in questione non contiene alcuna componente diffamatoria tutti i fatti evocati nella pubblicazione sono rispondenti al vero e hanno costituito correttamente il presupposto per l’esercizio del diritto di critica si osserva come nell’articolo in esame non vi siano contenuti offensivi e denigratori, che travalichino il diritto di critica. La critica ha riguardato la figura pubblica del D’Ambrosio, i ruoli ricoperti e gli incarichi pubblici assunti, senza mai sconfinare in una aggressione gratuita delle sue qualità morali ed intellettuali. L’epilogo di questo iter giudiziario è che le accuse del D’Ambrosio venivano dichiarate tutte infondate e che lo stesso veniva condannato al pagamento di spese processuali in favore del DellOmo per oltre € 10.000,00.
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