I dati di una vittime di violenza sessuale possono essere pubblicati soltanto se essenziali per l’informazione. Il diritto di cronaca, infatti, non deve “eccedere” rispetto alla finalità dell’informazione, fornendo i dati della vittima quando non sono essenziali. Lo scrive la Corte di Cassazione civile nell’ordinanza n.
4690/2021 con cui ha annullato la sentenza che aveva dato ragione ad un giornalista veneto, disponendo un nuovo processo di fronte al Tribunale di Venezia, il quale “argomentare sulla circostanza se le generalità della parte offesa avessero o meno una rilevanza pregnante nella vicenda e se la citazione delle generalità della persona offesa fosse eccedente rispetto all’esigenza di informare sulla vicenda in questione, oppure se lo stesso scopo si sarebbe potuto ottenere senza le generalità complete che nulla avrebbe tolto al valore della notizia”. La vicenda riguarda un articolo concernente un uomo condannato per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale ai danni della moglie. Nell’articolo furono citati sia il nome del marito, sia quello della moglie, la quale ha chiesto un risarcimento per i danni sofferti a causa della pubblicazione a sua dire illecita del suo nome.
Il Tribunale ha rigettato la domanda della donna affermando che la divulgazione era essenziale ed indispensabile, atteso che si trattava di maltrattamenti e violenza sessuale commessi dal marito in danno alla moglie e che non erano richiesti né il consenso della donna né l’autorizzazione del Garante della Privacy in quanto il giornalista ha esercitato il diritto di cronaca.
La Cassazione non è però dello stesso avviso dei giudici di primo grado. Nell’ordinanza scrive che “la dignità della vittima è un diritto fondamentale della persona che trova il suo riconoscimento nell’art. 2 della Costituzione e, in quanto tale, è una situazione giuridica inviolabile”. Il diritto al rispetto della dignità può subire un ridimensionamento “quando il diritto di cronaca resta nei limiti segnati dal legislatore che, operando una valutazione a monte, ha previsto, come requisito legittimante la condotta del giornalista il requisito dell’essenzialità dell’informazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito”. Cosa che il Tribunale non ha fatto, secondo la Cassazione. I giudici della Suprema Corte sottolineano che il requisito dell’essenzialità dell’informazione è previsto dal Codice deontologico dei giornalisti al quale la stessa Cassazione “ha già avuto modo di riconoscere valore di fonte normativa… e dal cui rispetto gli iscritti all’Ordine non possono quindi prescindere”.
Ora la questione torna di fronte al Tribunale che dovrà decidere sulla base delle indicazioni della Suprema Corte.
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